Scopo della tesi è relazionare la partecipazione dell’URSS alla biennale di Venezia seguendo l’evoluzione dell’idea comunista nell’arte sovietica nel periodo 1920-1970. La Biennale, laboratorio espositivo dove vengono esposte le opere più rappresentative delle idee nazionali, ci consente di seguire lo sviluppo delle idee artistiche in modo attento e selezionato. Dopo la Rivoluzione, era necessario trovare un linguaggio artistico che esprimesse la costruzione del socialismo; i movimenti d’avanguardia, in sintonia con l'epoca post-rivoluzionaria, all’inizio esprimevano le aspirazioni del nuovo sistema in fase di costruzione; presto tuttavia l’avanguardia russa venne messa sotto divieto; gli artisti russi emigrati (tra cui anche i classicisti d’avanguardia) non potevano partecipare al padiglione dell’URSS, anche se erano regolarmente esposti alla Biennale nel programma principale. Alla fine degli anni ‘20 il potere sovietico si rese conto che era necessario ricercare uno stile paradigmatico; dalle esperienze formalistiche, il focus dell’arte si trasferì nell’autorità suprema del Partito comunista. Ciò portò allo sviluppo di uno stile, che esprimeva nel modo più significativo l’idea comunista, ovvero il “realismo sociale”, divenuto dall’inizio degli anni 30’ lo stile predominante. Sperimentazioni e variazioni del realismo socialista tornano ad essere accettate tra gli anni ’60-‘70, con lo stile severo, il realismo romantico, e l’arte non conformista dei dissidenti; tuttavia si crea ben presto una contrapposizione fra realismo socialista e arte informale, che culmina nel 1977 con la Biennale del dissenso. Le due realtà sovietiche si incontrano finalmente con l’arrivo della “perestrojka”, alla Biennale del 1988.
L‘evoluzione dell‘utopia socialista nelle opere degli artisti russi nella Biennale d‘arte di Venezia (1920-1970)
Shlyakhtina, Elvira
2016/2017
Abstract
Scopo della tesi è relazionare la partecipazione dell’URSS alla biennale di Venezia seguendo l’evoluzione dell’idea comunista nell’arte sovietica nel periodo 1920-1970. La Biennale, laboratorio espositivo dove vengono esposte le opere più rappresentative delle idee nazionali, ci consente di seguire lo sviluppo delle idee artistiche in modo attento e selezionato. Dopo la Rivoluzione, era necessario trovare un linguaggio artistico che esprimesse la costruzione del socialismo; i movimenti d’avanguardia, in sintonia con l'epoca post-rivoluzionaria, all’inizio esprimevano le aspirazioni del nuovo sistema in fase di costruzione; presto tuttavia l’avanguardia russa venne messa sotto divieto; gli artisti russi emigrati (tra cui anche i classicisti d’avanguardia) non potevano partecipare al padiglione dell’URSS, anche se erano regolarmente esposti alla Biennale nel programma principale. Alla fine degli anni ‘20 il potere sovietico si rese conto che era necessario ricercare uno stile paradigmatico; dalle esperienze formalistiche, il focus dell’arte si trasferì nell’autorità suprema del Partito comunista. Ciò portò allo sviluppo di uno stile, che esprimeva nel modo più significativo l’idea comunista, ovvero il “realismo sociale”, divenuto dall’inizio degli anni 30’ lo stile predominante. Sperimentazioni e variazioni del realismo socialista tornano ad essere accettate tra gli anni ’60-‘70, con lo stile severo, il realismo romantico, e l’arte non conformista dei dissidenti; tuttavia si crea ben presto una contrapposizione fra realismo socialista e arte informale, che culmina nel 1977 con la Biennale del dissenso. Le due realtà sovietiche si incontrano finalmente con l’arrivo della “perestrojka”, alla Biennale del 1988.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14247/5215