Questa tesi analizza il percorso artistico e performativo dell’artista interdisciplinare, ricercatrice e curatrice samoana e fa’afafine (‘alla maniera di una donna’) Yuki Kihara, e in particolare il progetto “Paradise Camp” che ha presentato alla 59° Biennale d’Arte di Venezia (2022) per il Padiglione Aotearoa Nuova Zelanda. Si tratta di un lavoro multidisciplinare che include il reenactment di alcune opere di Paul Gauguin, oltre che materiali provenienti dal ‘vā’archive’ di Kihara, allestiti in mostra per ri-approriarsi di una storia finora narrata da un punto di vista eteronormativo e occidentale e per evidenziare come la nozione di ‘fa’afafine’, che indica le persone identificate come maschili alla nascita ma che esprimono il loro genere come donne, sia intrinsecamente parte della storia e della cultura indigena samoana. Nel contesto artistico contemporaneo musei, gallerie d’arte ed esposizioni internazionali hanno attuato un processo di revisione dei criteri per gli allestimenti delle mostre, per la gestione degli archivi, per le attività educative e didattiche, per accogliere al meglio gli artisti che vivono e lavorano ai margini seguendo linee teoriche e pratiche decoloniali, postumane e intersezionali. Questo atteggiamento sta creando spazi di dialogo anche grazie all’inclusione delle arti e degli eventi performativi, in grado di ri-significare e ‘ri-mettere in azione’ attraverso i corpi, narrazioni e memorie incorporate che sovvertono le categorie binarie.

Yuki Kihara alla 59esima Biennale d’Arte di Venezia. ‘Paradise Camp’ come pratica artistica e archivistica decoloniale.

STEFANUTTI, AURORA
2023/2024

Abstract

Questa tesi analizza il percorso artistico e performativo dell’artista interdisciplinare, ricercatrice e curatrice samoana e fa’afafine (‘alla maniera di una donna’) Yuki Kihara, e in particolare il progetto “Paradise Camp” che ha presentato alla 59° Biennale d’Arte di Venezia (2022) per il Padiglione Aotearoa Nuova Zelanda. Si tratta di un lavoro multidisciplinare che include il reenactment di alcune opere di Paul Gauguin, oltre che materiali provenienti dal ‘vā’archive’ di Kihara, allestiti in mostra per ri-approriarsi di una storia finora narrata da un punto di vista eteronormativo e occidentale e per evidenziare come la nozione di ‘fa’afafine’, che indica le persone identificate come maschili alla nascita ma che esprimono il loro genere come donne, sia intrinsecamente parte della storia e della cultura indigena samoana. Nel contesto artistico contemporaneo musei, gallerie d’arte ed esposizioni internazionali hanno attuato un processo di revisione dei criteri per gli allestimenti delle mostre, per la gestione degli archivi, per le attività educative e didattiche, per accogliere al meglio gli artisti che vivono e lavorano ai margini seguendo linee teoriche e pratiche decoloniali, postumane e intersezionali. Questo atteggiamento sta creando spazi di dialogo anche grazie all’inclusione delle arti e degli eventi performativi, in grado di ri-significare e ‘ri-mettere in azione’ attraverso i corpi, narrazioni e memorie incorporate che sovvertono le categorie binarie.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14247/24983