La figura di Cesare e ciò che rappresentò e rappresenta tuttora, può essere vista come il negativo di una fotografia, in cui vaste zone chiare interagiscono con zone d’ombra. Accanto alla storia dell’uomo e delle sue imprese, il genio, l’eleganza, la temerarietà, la clementia che lo contraddistinsero sedussero le masse. Ma c’è anche chi vide in lui l’adultero, l’omosessuale, l’epilettico e infine - cosa che gli fu fatale - il tiranno e l’uomo spietato. La battaglia politica, anche a quei tempi, si combatteva infatti a suon di maldicenze; non si lesinavano colpi bassi, trucchi, cavilli, accuse e attacchi. Oltre a mobilitare eserciti di clientele e amici per farsi eleggere, si faceva politica a colpi di reputazione, che i romani designavano con il termine dignitas. Con ogni mezzo ci si sforzava di difendere ed esaltare agli occhi del pubblico la propria immagine, il nomen, la fama, e mettere in dubbio, distruggere quella degli avversari. In modo diretto o indiretto, con la diffusione e amplificazione di notizie vere o false, di voci e pettegolezzi, di insinuazioni che talvolta finivano col divenire davvero perniciose , propagandosi a macchia d’olio tra gli elettori in una sorta di passaparola generale il cui epicentro era costituito dal foro e dai luoghi antistanti: le terme, le botteghe dei barbieri, le taverne . La maggior parte di tali indiscrezioni erano affidate all’oralità, ma talvolta assunsero anche configurazione scritta, sotto forma di libelli, pamphlet satirici e graffiti. Si trattava di dicerie, malignità, talvolta vere e proprie diffamazioni, i cosiddetti rumores dai quali lo stesso Cesare fu perseguitato nel corso dell’intera vita. Tutto ciò che rientrava nella sua sfera privata e personale venne utilizzato dagli avversari per additare il leader politico in auge quale esempio di mal comportamento e amoralità, allo scopo di demolire agli occhi dell’opinione pubblica quelle doti proprie del buon governante, pietas, moderatio, clementia, civilitas , che Cesare dimostrò in buona parte di possedere almeno fino al 44 a. C. e che dovevano fare del rappresentante del popolo romano un modello di integrità e rettitudine. Le sorti di un candidato, comprese quelle di Cesare, erano dunque molto spesso appese al filo di un ‘si dice che’. Nonostante la vasta bibliografia su Cesare, scarsa è l’attenzione dedicata dagli autori moderni ai rumores. La presente ricerca si propone pertanto di esaminare le dicerie a suo carico, indagandone la natura, le origini e la diffusione, quando e da chi vennero divulgate e per quale scopo. Le fonti storiografiche e biografiche che ce le hanno tramandate verranno vagliate e comparate in sede conclusiva al fine di far emergere tematiche comuni e possibili differenze, gettando luce, per quanto possibile sulle ombre che offuscarono l’immagine del grande generale e uomo politico.
I RUMORES:LA VOCE DEL POPOLO SU CESARE DURANTE LA GUERRA CIVILE
Stradiotto, Ilaria
2013/2014
Abstract
La figura di Cesare e ciò che rappresentò e rappresenta tuttora, può essere vista come il negativo di una fotografia, in cui vaste zone chiare interagiscono con zone d’ombra. Accanto alla storia dell’uomo e delle sue imprese, il genio, l’eleganza, la temerarietà, la clementia che lo contraddistinsero sedussero le masse. Ma c’è anche chi vide in lui l’adultero, l’omosessuale, l’epilettico e infine - cosa che gli fu fatale - il tiranno e l’uomo spietato. La battaglia politica, anche a quei tempi, si combatteva infatti a suon di maldicenze; non si lesinavano colpi bassi, trucchi, cavilli, accuse e attacchi. Oltre a mobilitare eserciti di clientele e amici per farsi eleggere, si faceva politica a colpi di reputazione, che i romani designavano con il termine dignitas. Con ogni mezzo ci si sforzava di difendere ed esaltare agli occhi del pubblico la propria immagine, il nomen, la fama, e mettere in dubbio, distruggere quella degli avversari. In modo diretto o indiretto, con la diffusione e amplificazione di notizie vere o false, di voci e pettegolezzi, di insinuazioni che talvolta finivano col divenire davvero perniciose , propagandosi a macchia d’olio tra gli elettori in una sorta di passaparola generale il cui epicentro era costituito dal foro e dai luoghi antistanti: le terme, le botteghe dei barbieri, le taverne . La maggior parte di tali indiscrezioni erano affidate all’oralità, ma talvolta assunsero anche configurazione scritta, sotto forma di libelli, pamphlet satirici e graffiti. Si trattava di dicerie, malignità, talvolta vere e proprie diffamazioni, i cosiddetti rumores dai quali lo stesso Cesare fu perseguitato nel corso dell’intera vita. Tutto ciò che rientrava nella sua sfera privata e personale venne utilizzato dagli avversari per additare il leader politico in auge quale esempio di mal comportamento e amoralità, allo scopo di demolire agli occhi dell’opinione pubblica quelle doti proprie del buon governante, pietas, moderatio, clementia, civilitas , che Cesare dimostrò in buona parte di possedere almeno fino al 44 a. C. e che dovevano fare del rappresentante del popolo romano un modello di integrità e rettitudine. Le sorti di un candidato, comprese quelle di Cesare, erano dunque molto spesso appese al filo di un ‘si dice che’. Nonostante la vasta bibliografia su Cesare, scarsa è l’attenzione dedicata dagli autori moderni ai rumores. La presente ricerca si propone pertanto di esaminare le dicerie a suo carico, indagandone la natura, le origini e la diffusione, quando e da chi vennero divulgate e per quale scopo. Le fonti storiografiche e biografiche che ce le hanno tramandate verranno vagliate e comparate in sede conclusiva al fine di far emergere tematiche comuni e possibili differenze, gettando luce, per quanto possibile sulle ombre che offuscarono l’immagine del grande generale e uomo politico.File | Dimensione | Formato | |
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