Nell'elaborato si indagano le dinamiche di ricezione della letteratura straniera in Russia nel periodo della “stagnazione”. Viene dapprima trattata brevemente la ricezione della letteratura straniera per mezzo della traduzione nella storia russa, zarista e sovietica. In seguito, dopo aver illustrato le caratteristiche salienti della società sovietica dell'epoca brežneviana, la ricerca prosegue con la descrizione del sistema culturale relativo all'importazione della letteratura mondiale, con particolare attenzione alla descrizione delle istituzioni editoriali e censorie. Viene perciò descritta la pratica della traduzione nel periodo preso in esame (1964-1985), evidenziando come l'arte e il mestiere dei traduttori fosse svolto in accordo con l'atmosfera socio-culturale vigente: la “riscrittura condizionata” delle opere straniere veniva svolta sottostando da un lato ai mutevoli imperativi della censura nelle sue diverse forme (auto-censura, censura editoriale, Glavlit), con la possibilità di trovare ciononostante spazi di libertà espressiva inaspettati. Successivamente, per provare l'attendibilità delle argomentazioni addotte, viene ricostruito il repertorio della letteratura italiana ammesso nell'Urss elencando gli autori italiani tradotti (come ad esempio Alberto Moravia e Italo Calvino), con alcune annotazioni su coloro i quali, al contrario, rimanevano fuori dal panorama editoriale ufficiale (come ad esempio Primo Levi). Viene infine esaminato un volume di traduzioni di Cesare Pavese pubblicato nel 1974 dall'editrice Progress. Tramite l'analisi delle traduzioni di tre opere fondamentali dell'autore ("La bella estate", "Il diavolo sulle colline", "La luna e i falò"), si fornisce una controprova della natura contraddittoria e multiforme della cultura e società sovietica nel periodo analizzato. Da un lato, infatti, persistevano pratiche atte a fuorviare la libera lettura della letteratura straniera per mezzo di studiate introduzioni e traduzioni soggioganti, mentre dall'altra si permetteva la pubblicazione di opere dai contenuti e dalle forme linguistiche poco ortodosse per il canone unico del realismo socialista.

Letteratura straniera e traduzione nella Russia sovietica (1964-1985)

Bigolin, Roberto
2013/2014

Abstract

Nell'elaborato si indagano le dinamiche di ricezione della letteratura straniera in Russia nel periodo della “stagnazione”. Viene dapprima trattata brevemente la ricezione della letteratura straniera per mezzo della traduzione nella storia russa, zarista e sovietica. In seguito, dopo aver illustrato le caratteristiche salienti della società sovietica dell'epoca brežneviana, la ricerca prosegue con la descrizione del sistema culturale relativo all'importazione della letteratura mondiale, con particolare attenzione alla descrizione delle istituzioni editoriali e censorie. Viene perciò descritta la pratica della traduzione nel periodo preso in esame (1964-1985), evidenziando come l'arte e il mestiere dei traduttori fosse svolto in accordo con l'atmosfera socio-culturale vigente: la “riscrittura condizionata” delle opere straniere veniva svolta sottostando da un lato ai mutevoli imperativi della censura nelle sue diverse forme (auto-censura, censura editoriale, Glavlit), con la possibilità di trovare ciononostante spazi di libertà espressiva inaspettati. Successivamente, per provare l'attendibilità delle argomentazioni addotte, viene ricostruito il repertorio della letteratura italiana ammesso nell'Urss elencando gli autori italiani tradotti (come ad esempio Alberto Moravia e Italo Calvino), con alcune annotazioni su coloro i quali, al contrario, rimanevano fuori dal panorama editoriale ufficiale (come ad esempio Primo Levi). Viene infine esaminato un volume di traduzioni di Cesare Pavese pubblicato nel 1974 dall'editrice Progress. Tramite l'analisi delle traduzioni di tre opere fondamentali dell'autore ("La bella estate", "Il diavolo sulle colline", "La luna e i falò"), si fornisce una controprova della natura contraddittoria e multiforme della cultura e società sovietica nel periodo analizzato. Da un lato, infatti, persistevano pratiche atte a fuorviare la libera lettura della letteratura straniera per mezzo di studiate introduzioni e traduzioni soggioganti, mentre dall'altra si permetteva la pubblicazione di opere dai contenuti e dalle forme linguistiche poco ortodosse per il canone unico del realismo socialista.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14247/3123