Il riciclaggio di denaro rappresenta una delle minacce più gravi per l’economia contemporanea, capace di alterare la concorrenza, sottrarre risorse fiscali e favorire il consolidamento della criminalità organizzata. La sua natura transnazionale e adattabile impone una risposta multilivello, che negli ultimi decenni si è articolata tra iniziative internazionali, direttive europee e normative nazionali. La tesi affronta questo tema seguendo tre direttrici: l’evoluzione del quadro sovranazionale, lo sviluppo italiano e un’analisi empirica di casi concreti. A livello internazionale, gli anni Ottanta hanno segnato l’avvio di un approccio coordinato. La Convenzione di Vienna del 1988 ha introdotto obblighi di cooperazione, mentre i Principi di Basilea hanno responsabilizzato le banche imponendo controlli sui clienti e segnalazioni delle operazioni sospette. Con la nascita del Financial Action Task Force e le sue “40 Raccomandazioni” si sono definiti standard globali di riferimento. L’Unione Europea ha tradotto tali principi in direttive sempre più ampie: la prima del 1991 ha imposto obblighi agli operatori finanziari, la seconda del 2001 ha esteso il perimetro a professionisti, la terza del 2005 ha incluso il finanziamento del terrorismo, la quarta del 2015 ha introdotto l’approccio basato sul rischio e la trasparenza sui titolari effettivi, mentre la quinta del 2018 ha rafforzato registri e scambi informativi. Le proposte più recenti, come l’istituzione dell’AMLA, mirano a una vigilanza centralizzata per colmare le lacune ancora esistenti. L’Italia ha sviluppato un sistema peculiare, inizialmente affidato a figure come ricettazione e favoreggiamento, poi arricchito con l’articolo 648 bis c.p. sul riciclaggio. La vera svolta è arrivata nel 2014 con l’introduzione del reato di autoriciclaggio, che punisce l’impiego dei proventi illeciti da parte dello stesso autore del reato, colmando una storica lacuna. Accanto alla repressione penale, misure di prevenzione patrimoniale come la confisca di prevenzione colpiscono patrimoni sospetti anche senza condanna. Persistono tuttavia criticità, legate alla difficoltà di provare il dolo specifico e alla complessità delle indagini finanziarie. La parte empirica analizza 45 sentenze e 30 bilanci di società cartiere, strumenti chiave nei meccanismi di riciclaggio e frode. Queste società mostrano caratteristiche ricorrenti: assenza di personale, mezzi propri negativi, ricavi sproporzionati e operazioni infragruppo prive di logica. Le sentenze confermano il loro ruolo di schermo, spesso collegato a reti internazionali emerse negli scandali dei Panama e Pandora Papers. Dal punto di vista macroeconomico, il riciclaggio in Italia è stimato tra il 2 e il 5% del PIL, con effetti distorsivi sui mercati e gravi perdite fiscali. Dall’analisi emerge che il contrasto al riciclaggio non è solo questione penale, ma una sfida economica e sistemica: servono regole chiare, strumenti di prevenzione efficaci e tecnologie di analisi avanzate per salvaguardare trasparenza, concorrenza e stabilità.

Dalla normativa all’economia reale: analisi empirica del riciclaggio e delle società cartiere in Italia

CASAGRANDE, DAVIDE
2024/2025

Abstract

Il riciclaggio di denaro rappresenta una delle minacce più gravi per l’economia contemporanea, capace di alterare la concorrenza, sottrarre risorse fiscali e favorire il consolidamento della criminalità organizzata. La sua natura transnazionale e adattabile impone una risposta multilivello, che negli ultimi decenni si è articolata tra iniziative internazionali, direttive europee e normative nazionali. La tesi affronta questo tema seguendo tre direttrici: l’evoluzione del quadro sovranazionale, lo sviluppo italiano e un’analisi empirica di casi concreti. A livello internazionale, gli anni Ottanta hanno segnato l’avvio di un approccio coordinato. La Convenzione di Vienna del 1988 ha introdotto obblighi di cooperazione, mentre i Principi di Basilea hanno responsabilizzato le banche imponendo controlli sui clienti e segnalazioni delle operazioni sospette. Con la nascita del Financial Action Task Force e le sue “40 Raccomandazioni” si sono definiti standard globali di riferimento. L’Unione Europea ha tradotto tali principi in direttive sempre più ampie: la prima del 1991 ha imposto obblighi agli operatori finanziari, la seconda del 2001 ha esteso il perimetro a professionisti, la terza del 2005 ha incluso il finanziamento del terrorismo, la quarta del 2015 ha introdotto l’approccio basato sul rischio e la trasparenza sui titolari effettivi, mentre la quinta del 2018 ha rafforzato registri e scambi informativi. Le proposte più recenti, come l’istituzione dell’AMLA, mirano a una vigilanza centralizzata per colmare le lacune ancora esistenti. L’Italia ha sviluppato un sistema peculiare, inizialmente affidato a figure come ricettazione e favoreggiamento, poi arricchito con l’articolo 648 bis c.p. sul riciclaggio. La vera svolta è arrivata nel 2014 con l’introduzione del reato di autoriciclaggio, che punisce l’impiego dei proventi illeciti da parte dello stesso autore del reato, colmando una storica lacuna. Accanto alla repressione penale, misure di prevenzione patrimoniale come la confisca di prevenzione colpiscono patrimoni sospetti anche senza condanna. Persistono tuttavia criticità, legate alla difficoltà di provare il dolo specifico e alla complessità delle indagini finanziarie. La parte empirica analizza 45 sentenze e 30 bilanci di società cartiere, strumenti chiave nei meccanismi di riciclaggio e frode. Queste società mostrano caratteristiche ricorrenti: assenza di personale, mezzi propri negativi, ricavi sproporzionati e operazioni infragruppo prive di logica. Le sentenze confermano il loro ruolo di schermo, spesso collegato a reti internazionali emerse negli scandali dei Panama e Pandora Papers. Dal punto di vista macroeconomico, il riciclaggio in Italia è stimato tra il 2 e il 5% del PIL, con effetti distorsivi sui mercati e gravi perdite fiscali. Dall’analisi emerge che il contrasto al riciclaggio non è solo questione penale, ma una sfida economica e sistemica: servono regole chiare, strumenti di prevenzione efficaci e tecnologie di analisi avanzate per salvaguardare trasparenza, concorrenza e stabilità.
2024
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Tesi Casagrande Davide 886330.pdf

non disponibili

Dimensione 1.88 MB
Formato Adobe PDF
1.88 MB Adobe PDF

I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14247/26969