Questa tesi esamina la reazione dell'amministrazione Carter all'instaurazione delle relazioni cubano-iraniane nel 1979. Esplora i contesti globali e regionali in cui si sono verificate le prime interazioni tra Iran e Cuba all'indomani della rivoluzione iraniana, e come queste questioni abbiano influenzato le valutazioni ufficiali degli Stati Uniti, analizzando i rapporti di intelligence, i dibattiti politici e le conclusioni strategiche derivanti dai tentativi di Washington di osservare l'evoluzione delle relazioni. In tal modo, illustrerà il declino della distensione e la corsa verso i primi anni della Seconda Guerra Fredda. Si approfondiranno inoltre il ruolo del cambiamento della politica estera di Cuba, la transizione dalla posizione rivoluzionaria attiva degli anni '60 a una strategia internazionalista più pragmatica, la crescente presenza nel Sud del mondo, in particolare in Africa e Medio Oriente, e l'importanza del Movimento dei Paesi Non Allineati. Esamina la definizione delle politiche interne e la governance dell'intelligence dell'amministrazione Carter, concentrandosi su come le rivalità burocratiche tra il Dipartimento di Stato e il Consiglio di Sicurezza Nazionale (NSC) abbiano plasmato la percezione delle situazioni in evoluzione di Cuba e Iran – un'ulteriore analisi delle diverse, a volte contrastanti, prospettive dei principali responsabili della politica estera e del presidente. Con il riemergere delle tensioni con l'URSS e il proliferare dei conflitti nel Terzo Mondo nella seconda metà degli anni '70 e all'inizio degli anni '80, l'apparato di intelligence estera si è affermato come uno strumento indispensabile per gestire le relazioni internazionali in tumulto. In definitiva, le relazioni tra L'Avana e Teheran sono state correttamente valutate nella loro natura retorica e simbolica; la loro opposizione all'influenza statunitense e la partecipazione al Movimento dei Paesi Non Allineati (NAM) hanno sollevato preoccupazioni a Washington riguardo al potenziale di un allineamento ideologico o strategico, divenendo centrale per la cooperazione e la comunicazione iniziali tra le due nazioni. Come mostrerà la tesi, una ridotta capacità di raccogliere informazioni accurate può rafforzare preconcetti nei quadri analitici e portare a conclusioni errate quando ci si confronta con decisioni politiche. Questo ha rafforzato il timore che l'Unione Sovietica guadagnasse terreno a livello globale e ha aperto la strada a opinioni più radicali in politica estera.
This thesis examines the Carter administration's reaction to establishing Cuban-Iranian relations in 1979. It explores the global and regional contexts in which the earliest interactions between Iran and Cuba occurred in the aftermath of the Iranian revolution, how these issues influenced U.S. official assessments, analysing intelligence reports, policy debates, and strategic conclusions stemming from Washington’s attempts to observe the evolving relationship. In doing so, it will illustrate the decline of détente and the race towards the initial years of the Second Cold War. The role of Cuba’s changing foreign policy, transitioning from the active revolutionary stance of the 1960s to a more pragmatic internationalist strategy, increased presence in the Global South, especially in Africa and the Middle East, and the importance of the Non-Aligned Movement. It examines the internal policymaking and intelligence governance of the Carter Administration, focusing on how bureaucratic rivalries among the State Department and the National Security Council (NSC) shaped perceptions of the evolving situations of Cuba and Iran—a further look into the diverse, sometimes conflicting, perspectives of key foreign policymakers and the president. As tensions with the USSR re-emerged and conflicts in the Third World proliferated in the latter half of the 1970s and early 1980s, the foreign intelligence apparatus emerged as an indispensable instrument for navigating international relations in turmoil, Ultimately, Havana and Tehran's relations were correctly assessed in their rethorical and symbolic nature, their opposition to U.S. influence and participation in the Non-Aligned Movement (NAM) raised concerns in Washington regarding the potential for ideological or strategic alignment as it became central to the initial cooperation and communication between the two nations. As the thesis will show, an impaired ability to gather accurate information may reinforce preconceived notions in analytical frameworks and lead to erroneous conclusions when confronted with policy decisions. Thus, it reinforced the fear of the Soviet Union gaining ground globally and opened the door to more radical opinions in foreign policy.
Cuban Iranian solidarity? U.S. Perceptions and Policies towards Cuba Iran Relations 1979-1981
PRANDI, MATTIA
2024/2025
Abstract
Questa tesi esamina la reazione dell'amministrazione Carter all'instaurazione delle relazioni cubano-iraniane nel 1979. Esplora i contesti globali e regionali in cui si sono verificate le prime interazioni tra Iran e Cuba all'indomani della rivoluzione iraniana, e come queste questioni abbiano influenzato le valutazioni ufficiali degli Stati Uniti, analizzando i rapporti di intelligence, i dibattiti politici e le conclusioni strategiche derivanti dai tentativi di Washington di osservare l'evoluzione delle relazioni. In tal modo, illustrerà il declino della distensione e la corsa verso i primi anni della Seconda Guerra Fredda. Si approfondiranno inoltre il ruolo del cambiamento della politica estera di Cuba, la transizione dalla posizione rivoluzionaria attiva degli anni '60 a una strategia internazionalista più pragmatica, la crescente presenza nel Sud del mondo, in particolare in Africa e Medio Oriente, e l'importanza del Movimento dei Paesi Non Allineati. Esamina la definizione delle politiche interne e la governance dell'intelligence dell'amministrazione Carter, concentrandosi su come le rivalità burocratiche tra il Dipartimento di Stato e il Consiglio di Sicurezza Nazionale (NSC) abbiano plasmato la percezione delle situazioni in evoluzione di Cuba e Iran – un'ulteriore analisi delle diverse, a volte contrastanti, prospettive dei principali responsabili della politica estera e del presidente. Con il riemergere delle tensioni con l'URSS e il proliferare dei conflitti nel Terzo Mondo nella seconda metà degli anni '70 e all'inizio degli anni '80, l'apparato di intelligence estera si è affermato come uno strumento indispensabile per gestire le relazioni internazionali in tumulto. In definitiva, le relazioni tra L'Avana e Teheran sono state correttamente valutate nella loro natura retorica e simbolica; la loro opposizione all'influenza statunitense e la partecipazione al Movimento dei Paesi Non Allineati (NAM) hanno sollevato preoccupazioni a Washington riguardo al potenziale di un allineamento ideologico o strategico, divenendo centrale per la cooperazione e la comunicazione iniziali tra le due nazioni. Come mostrerà la tesi, una ridotta capacità di raccogliere informazioni accurate può rafforzare preconcetti nei quadri analitici e portare a conclusioni errate quando ci si confronta con decisioni politiche. Questo ha rafforzato il timore che l'Unione Sovietica guadagnasse terreno a livello globale e ha aperto la strada a opinioni più radicali in politica estera.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14247/25911