Come può un Paese che fino agli anni Ottanta rappresentava un simbolo di successo industriale e innovazione tecnologica entrare in una stagnazione lunga trent’anni senza riuscire a uscirne del tutto? Questa tesi parte proprio da questo interrogativo per indagare il cosiddetto Decennio Perduto giapponese, un’esperienza economica unica nel suo genere per durata, caratteristiche e implicazioni sistemiche. Il lavoro si apre con una definizione del concetto stesso di "Decennio Perduto", ricostruendo brevemente le fasi storiche che portarono il Giappone dalla crescita accelerata del dopoguerra all’esplosione della bolla speculativa di fine anni ’80. Il primo capitolo ripercorre infatti il contesto di boom economico che precedette la crisi, analizzando le politiche fiscali, monetarie e industriali che, spesso inconsapevolmente, contribuirono a gonfiare gli squilibri. Nel secondo capitolo, l’attenzione si sposta sugli anni ’90, il cuore della crisi. Viene analizzata la sequenza di eventi che hanno portato allo scoppio della bolla, alla crisi bancaria e alla successiva stagnazione, mettendo in luce sia le scelte politiche compiute, sia gli errori strategici che ne hanno compromesso l’efficacia. Un ruolo centrale è attribuito ai limiti strutturali dell’economia giapponese — in particolare la demografia e l’elevato risparmio privato — che hanno reso difficile ogni ripartenza. Il terzo capitolo approfondisce l’evoluzione successiva, focalizzandosi sul dibattito teorico contemporaneo e sulle politiche adottate negli anni 2000 e 2010. Un’attenzione particolare è riservata alle Abenomics, la strategia lanciata da Shinzo Abe per rilanciare la crescita attraverso un mix coordinato di politica monetaria, fiscale e riforme strutturali. Il bilancio che ne emerge è ambivalente: molte promesse, alcuni successi, ma anche diverse fragilità non risolte. Nel quarto e ultimo capitolo, la tesi entra nel cuore del dibattito macroeconomico internazionale. Attraverso un confronto tra diverse scuole di pensiero — keynesiana, monetarista, austriaca — e tra concetti come liquidity trap, balance sheet recession e stagnazione secolare, si mostra come il caso giapponese abbia anticipato molti dei dilemmi affrontati oggi anche da altre economie avanzate, dagli Stati Uniti all’Europa, fino alla Cina. Lungi dall’essere un’eccezione, il Giappone appare come un modello anticipatore, da studiare non solo per capire “cosa è andato storto”, ma anche per immaginare strumenti alternativi di politica economica in un mondo segnato da domanda debole, bassa inflazione e invecchiamento demografico. L’obiettivo complessivo della tesi non è solo ricostruire i fatti, ma interpretarne il significato alla luce del pensiero economico e delle sfide contemporanee. Per farlo, il lavoro ha combinato fonti ufficiali con contributi accademici, in un’ottica comparativa e critica, che tiene insieme teoria e prassi, Giappone e mondo.

Il Giappone e il Decennio Perduto: analisi delle cause, delle politiche economiche e delle teorie accademiche

BULALA, GRIGORI
2024/2025

Abstract

Come può un Paese che fino agli anni Ottanta rappresentava un simbolo di successo industriale e innovazione tecnologica entrare in una stagnazione lunga trent’anni senza riuscire a uscirne del tutto? Questa tesi parte proprio da questo interrogativo per indagare il cosiddetto Decennio Perduto giapponese, un’esperienza economica unica nel suo genere per durata, caratteristiche e implicazioni sistemiche. Il lavoro si apre con una definizione del concetto stesso di "Decennio Perduto", ricostruendo brevemente le fasi storiche che portarono il Giappone dalla crescita accelerata del dopoguerra all’esplosione della bolla speculativa di fine anni ’80. Il primo capitolo ripercorre infatti il contesto di boom economico che precedette la crisi, analizzando le politiche fiscali, monetarie e industriali che, spesso inconsapevolmente, contribuirono a gonfiare gli squilibri. Nel secondo capitolo, l’attenzione si sposta sugli anni ’90, il cuore della crisi. Viene analizzata la sequenza di eventi che hanno portato allo scoppio della bolla, alla crisi bancaria e alla successiva stagnazione, mettendo in luce sia le scelte politiche compiute, sia gli errori strategici che ne hanno compromesso l’efficacia. Un ruolo centrale è attribuito ai limiti strutturali dell’economia giapponese — in particolare la demografia e l’elevato risparmio privato — che hanno reso difficile ogni ripartenza. Il terzo capitolo approfondisce l’evoluzione successiva, focalizzandosi sul dibattito teorico contemporaneo e sulle politiche adottate negli anni 2000 e 2010. Un’attenzione particolare è riservata alle Abenomics, la strategia lanciata da Shinzo Abe per rilanciare la crescita attraverso un mix coordinato di politica monetaria, fiscale e riforme strutturali. Il bilancio che ne emerge è ambivalente: molte promesse, alcuni successi, ma anche diverse fragilità non risolte. Nel quarto e ultimo capitolo, la tesi entra nel cuore del dibattito macroeconomico internazionale. Attraverso un confronto tra diverse scuole di pensiero — keynesiana, monetarista, austriaca — e tra concetti come liquidity trap, balance sheet recession e stagnazione secolare, si mostra come il caso giapponese abbia anticipato molti dei dilemmi affrontati oggi anche da altre economie avanzate, dagli Stati Uniti all’Europa, fino alla Cina. Lungi dall’essere un’eccezione, il Giappone appare come un modello anticipatore, da studiare non solo per capire “cosa è andato storto”, ma anche per immaginare strumenti alternativi di politica economica in un mondo segnato da domanda debole, bassa inflazione e invecchiamento demografico. L’obiettivo complessivo della tesi non è solo ricostruire i fatti, ma interpretarne il significato alla luce del pensiero economico e delle sfide contemporanee. Per farlo, il lavoro ha combinato fonti ufficiali con contributi accademici, in un’ottica comparativa e critica, che tiene insieme teoria e prassi, Giappone e mondo.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14247/25713