La regione di Moatize, nella provincia centro-occidentale di Tete, è stata apripista nella corsa agli investimenti diretti stranieri per lo sfruttamento delle risorse minerarie in Mozambico nel nuovo millennio. 2,5 miliardi di tonnellate è la capacità stimata del deposito di carbone minerale presente nei dintorni della città di Moatize, la quale essa stessa dal 2007 è inglobata nella concessione di cui è titolare attualmente la multinazionale Vulcan, leader mondiale del settore energetico e dell’acciaio. La promessa tradita che il megaprogetto industriale avrebbe portato l’agognato sviluppo, non ha compensato affatto l’impatto sociale e ambientale già ampiamente documentato. Tutt’oggi sono allarmanti i dati sull’inquinamento atmosferico e delle risorse idriche, causato dalle attività estrattive, ed è quanto mai urgente rispondere alle decennali rivendicazioni delle comunità private dei mezzi di sostentamento e esposte alla crisi climatica. Le fasce più vulnerabili della popolazione sono soggette alla penuria d’acqua, alla malnutrizione e alle barriere all’occupazione, ai servizi scolastici e sanitari. Dai dati etnografici raccolti durante l’esperienza sul campo, emerge l’impatto ad ampio raggio dell’economia estrattiva, il pervasivo effetto sul paesaggio e le conseguenze in termini di diseguaglianza dell’usurpazione del territorio e delle risorse naturali.
È più città dentro che fuori. Etnografia di un caso di estrazione mineraria nel Mozambico centro-occidentale.
DI RUSCIO, NICCOLÒ
2023/2024
Abstract
La regione di Moatize, nella provincia centro-occidentale di Tete, è stata apripista nella corsa agli investimenti diretti stranieri per lo sfruttamento delle risorse minerarie in Mozambico nel nuovo millennio. 2,5 miliardi di tonnellate è la capacità stimata del deposito di carbone minerale presente nei dintorni della città di Moatize, la quale essa stessa dal 2007 è inglobata nella concessione di cui è titolare attualmente la multinazionale Vulcan, leader mondiale del settore energetico e dell’acciaio. La promessa tradita che il megaprogetto industriale avrebbe portato l’agognato sviluppo, non ha compensato affatto l’impatto sociale e ambientale già ampiamente documentato. Tutt’oggi sono allarmanti i dati sull’inquinamento atmosferico e delle risorse idriche, causato dalle attività estrattive, ed è quanto mai urgente rispondere alle decennali rivendicazioni delle comunità private dei mezzi di sostentamento e esposte alla crisi climatica. Le fasce più vulnerabili della popolazione sono soggette alla penuria d’acqua, alla malnutrizione e alle barriere all’occupazione, ai servizi scolastici e sanitari. Dai dati etnografici raccolti durante l’esperienza sul campo, emerge l’impatto ad ampio raggio dell’economia estrattiva, il pervasivo effetto sul paesaggio e le conseguenze in termini di diseguaglianza dell’usurpazione del territorio e delle risorse naturali.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14247/24970