Le voci e i corpi degli abitanti del quartiere romano del Quarticciolo guidano l’etnografia che la presente tesi si propone di realizzare lungo un’analisi delle complesse intersezioni e interrelazioni tra marginalizzazione sociale e oppressione medica. Il progetto dell’Ambulatorio popolare di Roma Est, che da quattro anni costituisce per il territorio una concreta possibilità di immaginare processi di cura solidali e accessibili, rappresenta infatti il punto di partenza etnografico per una riflessione che ne considera la rilevanza nel quadro di un discorso antropologico di più ampio respiro. Interrogandosi sulla costruzione politica del concetto di salute e sul potere biomedico che ne deriva nonché analizzando gli assi di oppressione che danno forma alla violenza strutturale che determina la condizione di sofferenza, l’elaborato si fa strada tra le maggiori critiche che la disciplina riserva al sistema di cura neoliberale e le contestualizza mostrandone possibili risvolti e applicazioni. Dialogando con i significati locali socialmente e storicamente determinati che la sofferenza assume e prendendo altresì in considerazione simili realtà di cura comunitaria a cui il progetto si ispira, dunque, la presente ricerca racconta i confini di un’esperienza della malattia che nel suo passaggio da individuale a collettiva assume una forza potenzialmente trasformativa, rendendo possibile un ragionamento in merito a processi di trasformazione sociale che abbiano origine dai corpi e che a questi restituiscano vitalità.

La borgata si prende cura di sé: il potenziale terapeutico di un progetto di salute collettivizzata. Etnografia dell’Ambulatorio Popolare di Roma est.

PRODI, EVA
2023/2024

Abstract

Le voci e i corpi degli abitanti del quartiere romano del Quarticciolo guidano l’etnografia che la presente tesi si propone di realizzare lungo un’analisi delle complesse intersezioni e interrelazioni tra marginalizzazione sociale e oppressione medica. Il progetto dell’Ambulatorio popolare di Roma Est, che da quattro anni costituisce per il territorio una concreta possibilità di immaginare processi di cura solidali e accessibili, rappresenta infatti il punto di partenza etnografico per una riflessione che ne considera la rilevanza nel quadro di un discorso antropologico di più ampio respiro. Interrogandosi sulla costruzione politica del concetto di salute e sul potere biomedico che ne deriva nonché analizzando gli assi di oppressione che danno forma alla violenza strutturale che determina la condizione di sofferenza, l’elaborato si fa strada tra le maggiori critiche che la disciplina riserva al sistema di cura neoliberale e le contestualizza mostrandone possibili risvolti e applicazioni. Dialogando con i significati locali socialmente e storicamente determinati che la sofferenza assume e prendendo altresì in considerazione simili realtà di cura comunitaria a cui il progetto si ispira, dunque, la presente ricerca racconta i confini di un’esperienza della malattia che nel suo passaggio da individuale a collettiva assume una forza potenzialmente trasformativa, rendendo possibile un ragionamento in merito a processi di trasformazione sociale che abbiano origine dai corpi e che a questi restituiscano vitalità.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14247/24528