Il presente elaborato analizza criticamente la categoria di “rifugiato” e si inserisce nel filone di studi delle “Migrazioni Forzate”. Ho analizzato il processo storico e giuridico di riconoscimento di uno specifico gruppo di rifugiati, definiti “SOGIESC” (“Sexual Orientation, Gender Identity and Expression and Sex Characteristics”), adottando una prospettiva intersezionale e queer. La mia ricerca etnografica ha riguardato un’associazione veronese, il “Circolo Pink”, che nel 2017 ha aperto un gruppo chiamato “Pink Refugees”, che offre supporto a persone richiedenti asilo e rifugiate Lgbt+. L'analisi si è focalizzata sia sulle interazioni e le modalità con cui lo spazio associativo viene attraversato e ridefinito da coloro che lo frequentano, sia sulle difficoltà specifiche che queste soggettività affrontano durante l’iter di richiesta di asilo. Sostengo che il “know how” delle associazioni Lgbt+ può rivelarsi di cruciale importanza per le istituzioni deputate alla valutazione delle domande di protezione internazionale. Al tempo stesso, mi interrogo sulle potenziali insidie che questa collaborazione potrebbe generare e sul pericolo di eludere o erodere la centralità della persona richiedente o rifugiata.
Costruire saperi dal basso: un'etnografia del gruppo "Pink Refugees"
Rigo, Carolina
2024/2025
Abstract
Il presente elaborato analizza criticamente la categoria di “rifugiato” e si inserisce nel filone di studi delle “Migrazioni Forzate”. Ho analizzato il processo storico e giuridico di riconoscimento di uno specifico gruppo di rifugiati, definiti “SOGIESC” (“Sexual Orientation, Gender Identity and Expression and Sex Characteristics”), adottando una prospettiva intersezionale e queer. La mia ricerca etnografica ha riguardato un’associazione veronese, il “Circolo Pink”, che nel 2017 ha aperto un gruppo chiamato “Pink Refugees”, che offre supporto a persone richiedenti asilo e rifugiate Lgbt+. L'analisi si è focalizzata sia sulle interazioni e le modalità con cui lo spazio associativo viene attraversato e ridefinito da coloro che lo frequentano, sia sulle difficoltà specifiche che queste soggettività affrontano durante l’iter di richiesta di asilo. Sostengo che il “know how” delle associazioni Lgbt+ può rivelarsi di cruciale importanza per le istituzioni deputate alla valutazione delle domande di protezione internazionale. Al tempo stesso, mi interrogo sulle potenziali insidie che questa collaborazione potrebbe generare e sul pericolo di eludere o erodere la centralità della persona richiedente o rifugiata.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14247/23266