Apple non è semplicemente un’azienda operante nel campo della tecnologia, non è solo uno dei brand più conosciuti e ammirati al mondo. Apple è soprattutto un culto: possiede i propri principi fondanti, le proprie parabole, i propri comandamenti, i propri adepti ed i luoghi di culto in cui essi possono professare la propria fede. Per riuscire a comprendere a fondo una simile realtà occorre astrarsi almeno in parte dalle consuete logiche di management, cercare di prescindere dalle mere strategie di marketing. Paragonando Apple ad un culto monoteista, ci sono pochi dubbi su quale sia l’unico vero Dio: il “Dio design”. Una divinità il cui credo è stato diffuso dalle azioni del profeta Steven Paul Jobs in primis, anche grazie alla fondamentale collaborazione dei suoi “apostoli” (su tutti Jonathan “Jony” Ive, attuale CDO presso Apple). E se esiste un Dio, esiste anche un comandamento fondante da cui si origina tutto il culto, il seme da cui germoglia la pianta. Il primo e imprescindibile comandamento del “Dio design” è: keep it simple. Rappresenta le fondamenta di ogni decisione, il fine ultimo di ogni azione intrapresa ed il mantra che costantemente aleggia dalle parti di 1 Infinite Loop, Cupertino (CA). I prodotti Apple, che arrivano ad assurgere allo status di reliquie, veicolano il culto (così come l’immagine di brand), con coerenza ed estrema efficacia. Si tratta di un percorso che ha come origine il concetto di design (in un’ottica minimalista mutuata dalla scuola Bauhaus) e come meta la soddisfazione del cliente: cliente che arriva a diventare un vero e proprio “adepto” del culto Apple, attraverso una strategia di fidelizzazione focalizzata sulla creazione di una tribù fortemente coesa e identificata nei principi culturali di Apple. Da questo punto di vista, il settore retail ed in particolar modo gli Apple Store rivestono il ruolo di “templi” dove, più che consumare, le persone partecipano ad un’esperienza che assume le fattezze di un rito liturgico, tanto spontaneamente vissuto dai consumatori quanto studiato nei minimi dettagli da Apple. Un simile fenomeno di aggregazione comunitaria è ottenuto attraverso una perfetta integrazione tra tutti gli aspetti controllabili dalla società di Cupertino.
Il Dio Design: comparazione tra Apple e fenomeni religiosi attraverso lo studio del design in ottica sociologica
D'Uggento, Andrea
2016/2017
Abstract
Apple non è semplicemente un’azienda operante nel campo della tecnologia, non è solo uno dei brand più conosciuti e ammirati al mondo. Apple è soprattutto un culto: possiede i propri principi fondanti, le proprie parabole, i propri comandamenti, i propri adepti ed i luoghi di culto in cui essi possono professare la propria fede. Per riuscire a comprendere a fondo una simile realtà occorre astrarsi almeno in parte dalle consuete logiche di management, cercare di prescindere dalle mere strategie di marketing. Paragonando Apple ad un culto monoteista, ci sono pochi dubbi su quale sia l’unico vero Dio: il “Dio design”. Una divinità il cui credo è stato diffuso dalle azioni del profeta Steven Paul Jobs in primis, anche grazie alla fondamentale collaborazione dei suoi “apostoli” (su tutti Jonathan “Jony” Ive, attuale CDO presso Apple). E se esiste un Dio, esiste anche un comandamento fondante da cui si origina tutto il culto, il seme da cui germoglia la pianta. Il primo e imprescindibile comandamento del “Dio design” è: keep it simple. Rappresenta le fondamenta di ogni decisione, il fine ultimo di ogni azione intrapresa ed il mantra che costantemente aleggia dalle parti di 1 Infinite Loop, Cupertino (CA). I prodotti Apple, che arrivano ad assurgere allo status di reliquie, veicolano il culto (così come l’immagine di brand), con coerenza ed estrema efficacia. Si tratta di un percorso che ha come origine il concetto di design (in un’ottica minimalista mutuata dalla scuola Bauhaus) e come meta la soddisfazione del cliente: cliente che arriva a diventare un vero e proprio “adepto” del culto Apple, attraverso una strategia di fidelizzazione focalizzata sulla creazione di una tribù fortemente coesa e identificata nei principi culturali di Apple. Da questo punto di vista, il settore retail ed in particolar modo gli Apple Store rivestono il ruolo di “templi” dove, più che consumare, le persone partecipano ad un’esperienza che assume le fattezze di un rito liturgico, tanto spontaneamente vissuto dai consumatori quanto studiato nei minimi dettagli da Apple. Un simile fenomeno di aggregazione comunitaria è ottenuto attraverso una perfetta integrazione tra tutti gli aspetti controllabili dalla società di Cupertino.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14247/22269