La Cina è un territorio molto esteso nel quale si mescolano diverse etnie, lingue e culture: il cinese è da considerarsi dunque una famiglia di lingue. Il putonghua, noto come cinese mandarino, è una lingua appartenente a tale famiglia che, per motivi storici e politici, è diventata la lingua ufficiale della Cina. Le altre lingue della Cina non si possono quindi definire varianti regionali di una lingua standard, bensì idiomi linguisticamente paritari e indipendenti dal cinese mandarino. A tal proposito il termine fangyan方言, erroneamente tradotto con “dialetto”, può indicare varianti linguistiche, vernacoli tra loro incomprensibili o anche interi rami linguistici appartenenti alla famiglia delle lingue sinitiche (汉语系hanyu xi). Molti fangyan differiscono tra loro per un uso diverso della prefissazione e della suffissazione, altri per l’esistenza di fenomeni di flessione e di fusione che non trovano delle corrispondenze in putonghua. Nella prima parte dell’elaborato verrà analizzato il dialetto parlato nel Dongbei, ovvero il Nord-Est della Cina. Lo stesso dialetto sarà successivamente oggetto di un’analisi comparativa con il putonghua. Nella seconda parte si approfondirà il rapporto tra l’ uso del dialetto e l’evoluzione degli usi e costumi locali. Nell’ ultima parte ci si soffermerà sull’analisi della Teoria Interpretativa della Traduzione, le cui massime esponenti sono Danica Seleskovitch e Marianne Lederer, note interpreti e traduttrici francesi.

东北话: il fangyan del Nord-Est cinese come strumento per la decodifica e la diffusione della cultura regionale. Analisi comparativa dei legami linguistici con il putonghua e la Teoria Interpretativa della Scuola di Parigi.

Vendema, Giorgia
2016/2017

Abstract

La Cina è un territorio molto esteso nel quale si mescolano diverse etnie, lingue e culture: il cinese è da considerarsi dunque una famiglia di lingue. Il putonghua, noto come cinese mandarino, è una lingua appartenente a tale famiglia che, per motivi storici e politici, è diventata la lingua ufficiale della Cina. Le altre lingue della Cina non si possono quindi definire varianti regionali di una lingua standard, bensì idiomi linguisticamente paritari e indipendenti dal cinese mandarino. A tal proposito il termine fangyan方言, erroneamente tradotto con “dialetto”, può indicare varianti linguistiche, vernacoli tra loro incomprensibili o anche interi rami linguistici appartenenti alla famiglia delle lingue sinitiche (汉语系hanyu xi). Molti fangyan differiscono tra loro per un uso diverso della prefissazione e della suffissazione, altri per l’esistenza di fenomeni di flessione e di fusione che non trovano delle corrispondenze in putonghua. Nella prima parte dell’elaborato verrà analizzato il dialetto parlato nel Dongbei, ovvero il Nord-Est della Cina. Lo stesso dialetto sarà successivamente oggetto di un’analisi comparativa con il putonghua. Nella seconda parte si approfondirà il rapporto tra l’ uso del dialetto e l’evoluzione degli usi e costumi locali. Nell’ ultima parte ci si soffermerà sull’analisi della Teoria Interpretativa della Traduzione, le cui massime esponenti sono Danica Seleskovitch e Marianne Lederer, note interpreti e traduttrici francesi.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14247/22238