Nato da madre inca e da padre spagnolo, l’Inca Garcilaso de la Vega realizzò un’opera monumentale sulla storia, sugli usi e sui costumi dei popoli che abitarono il territorio del Tahuantinsuyu prima dell’arrivo dei conquistadores spagnoli consegnando così alla storia il mito dell’Impero del Sole. I Comentarios Reales (1609), opera complessa e dal genere ambiguo, si inserisce nel filone delle cronache della Conquista. Il presente lavoro avrà un forte carattere interdisciplinare perché la nostra proposta è di realizzare una mappatura del testo con l’obiettivo della ricerca dei luoghi dello stesso in cui l’autore peruviano dimostra soffermarsi sulle produzioni tessili dell’Incario. Si compirà, inoltre, una riflessione sulla «cultura materiale» andina dell’epoca finalizzata a chiarire l’effettivo valore di questi manufatti. Quella che, secondo John Murra, è stata l’«ossessione dell’Incanato», coinvolgeva la società a tutti i livelli. I tessuti avevano importanza militare ma anche magico-religiosa e la loro creazione in alcuni casi prevedeva un vero e proprio rituale fatto di ingestione di sostanze allucinogene e canti. Grazie alle preziose parole di autori come Ángel Rama e Antonio Cornejo-Polar, si ragionerà sull’approccio che Garcilaso ebbe nei confronti della cultura materna e sui suoi tentativi di conciliazione con quella paterna, verso la quale aveva un timore quasi reverenziale. La formazione di Garcilaso era quella di un uomo del Rinascimento affannoso di equilibrio tra le parti e costantemente in bilico tra la favola e la storia, tra gli Incas e gli spagnoli, tra la madre e il padre. Una volta fatta questa operazione, si procederà con una riflessione sull’oralità della cultura incaica e sulla presunta mancanza di scrittura di questa popolazione. Studi recenti hanno dimostrato la debolezza di questo dato, riscontrando la possibilità di una scrittura grafica e visuale. Studiose come Denise Y. Arnold (direttrice dell’ILCA- Instituto de Lengua y Cultura Aymara), Elvira Espejo Ayca, Cristina Bubba-Zamora, Verónica Careceda, Victoria de la Jara e Victoria Cox hanno dedicato e continuano a dedicare i loro sforzi alla comprensione della vera natura di queste produzioni. Nel caso specifico di Victoria de la Jara, si è giunti a decodificare i segni visuali dei tessuti, fino ad attribuire ad assi il valore di espressione scritta o, meglio, di codice di cui si è persa la chiave interpretativa. Basandoci sugli studi in semiologia di Jacques Derrida, si ragionerà su cosa sia la scrittura e secondo quali canoni un codice condiviso possa essere definito tale: cos’è la scrittura alfabetica se non un insieme di «simboli vuoti» a cui la società attribuisce un senso in determinati periodi storici e aree geografiche? Si realizzerà, quindi, un’analisi delle produzioni tessili menzionate da Garcilaso e se ne descriverà l’uso e la possibile funzione di mezzo di trasmissione della conoscenza. In buona sostanza, i tessuti non solo ebbero e continuano ad avere tra i discendenti delle popolazioni precolombiane un’importanza fondamentale non solo dal punto di vista artistico, tributario e identitario, ma anche dal punto di vista espressivo. In ultimo, questo lavoro ha lo scopo di aprire il dibattito sull’effettiva consapevolezza dell’autore dei Comentarios Reales del valore profondo di questi manufatti e stimolare la riflessione sul concetto di scrittura, abbracciando categorie concettuali che da troppo tempo si considerano «altre». In ultima analisi, si coglierà l'occasione per aprire un dibattito mirato a sollevare la questione del lavoro di Garcilaso in relazione alla più controversa delle sue fonti, il gesuita Blas Valera, grazie al lavoro della professoressa Laurencich Minelli dell'Università di Bologna che, nel 2005, pubblicò uno studio su dei documenti inediti del gesuita.

LA URDIMBRE Y LA NARRACIÓN: las prácticas textiles incaicas en los Comentarios Reales del Inca Garcilaso de la Vega

Fregonese, Isabella
2018/2019

Abstract

Nato da madre inca e da padre spagnolo, l’Inca Garcilaso de la Vega realizzò un’opera monumentale sulla storia, sugli usi e sui costumi dei popoli che abitarono il territorio del Tahuantinsuyu prima dell’arrivo dei conquistadores spagnoli consegnando così alla storia il mito dell’Impero del Sole. I Comentarios Reales (1609), opera complessa e dal genere ambiguo, si inserisce nel filone delle cronache della Conquista. Il presente lavoro avrà un forte carattere interdisciplinare perché la nostra proposta è di realizzare una mappatura del testo con l’obiettivo della ricerca dei luoghi dello stesso in cui l’autore peruviano dimostra soffermarsi sulle produzioni tessili dell’Incario. Si compirà, inoltre, una riflessione sulla «cultura materiale» andina dell’epoca finalizzata a chiarire l’effettivo valore di questi manufatti. Quella che, secondo John Murra, è stata l’«ossessione dell’Incanato», coinvolgeva la società a tutti i livelli. I tessuti avevano importanza militare ma anche magico-religiosa e la loro creazione in alcuni casi prevedeva un vero e proprio rituale fatto di ingestione di sostanze allucinogene e canti. Grazie alle preziose parole di autori come Ángel Rama e Antonio Cornejo-Polar, si ragionerà sull’approccio che Garcilaso ebbe nei confronti della cultura materna e sui suoi tentativi di conciliazione con quella paterna, verso la quale aveva un timore quasi reverenziale. La formazione di Garcilaso era quella di un uomo del Rinascimento affannoso di equilibrio tra le parti e costantemente in bilico tra la favola e la storia, tra gli Incas e gli spagnoli, tra la madre e il padre. Una volta fatta questa operazione, si procederà con una riflessione sull’oralità della cultura incaica e sulla presunta mancanza di scrittura di questa popolazione. Studi recenti hanno dimostrato la debolezza di questo dato, riscontrando la possibilità di una scrittura grafica e visuale. Studiose come Denise Y. Arnold (direttrice dell’ILCA- Instituto de Lengua y Cultura Aymara), Elvira Espejo Ayca, Cristina Bubba-Zamora, Verónica Careceda, Victoria de la Jara e Victoria Cox hanno dedicato e continuano a dedicare i loro sforzi alla comprensione della vera natura di queste produzioni. Nel caso specifico di Victoria de la Jara, si è giunti a decodificare i segni visuali dei tessuti, fino ad attribuire ad assi il valore di espressione scritta o, meglio, di codice di cui si è persa la chiave interpretativa. Basandoci sugli studi in semiologia di Jacques Derrida, si ragionerà su cosa sia la scrittura e secondo quali canoni un codice condiviso possa essere definito tale: cos’è la scrittura alfabetica se non un insieme di «simboli vuoti» a cui la società attribuisce un senso in determinati periodi storici e aree geografiche? Si realizzerà, quindi, un’analisi delle produzioni tessili menzionate da Garcilaso e se ne descriverà l’uso e la possibile funzione di mezzo di trasmissione della conoscenza. In buona sostanza, i tessuti non solo ebbero e continuano ad avere tra i discendenti delle popolazioni precolombiane un’importanza fondamentale non solo dal punto di vista artistico, tributario e identitario, ma anche dal punto di vista espressivo. In ultimo, questo lavoro ha lo scopo di aprire il dibattito sull’effettiva consapevolezza dell’autore dei Comentarios Reales del valore profondo di questi manufatti e stimolare la riflessione sul concetto di scrittura, abbracciando categorie concettuali che da troppo tempo si considerano «altre». In ultima analisi, si coglierà l'occasione per aprire un dibattito mirato a sollevare la questione del lavoro di Garcilaso in relazione alla più controversa delle sue fonti, il gesuita Blas Valera, grazie al lavoro della professoressa Laurencich Minelli dell'Università di Bologna che, nel 2005, pubblicò uno studio su dei documenti inediti del gesuita.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14247/22065