È il 2013 quando il Veneto viene scosso dalla diffusione della notizia di una contaminazione delle acque da sostanze perfluoroalchiliche, i PFAS. Ma è solo nel 2017 che ha inizio una mobilitazione cittadina da parte di un gruppo di genitori di Lonigo (Vicenza). Le “Mamme NoPfas” riempiono il vuoto comunicativo tra ambientalisti ed opinione pubblica, ponendo al centro dell'attenzione la salute dei propri figli in primis, compromessa per i decenni a venire, e in secondo luogo la difesa, o meglio, il ripristino della salubrità del proprio territorio, auspicandovi un'inversione del paradigma dominante. Storicizzando le tappe chehanno determinato il grado di riscontrata vulnerabilità sociale, ho indagato le pratiche quotidiane e i loro mutamenti; le percezioni – di sé, degli agenti contaminanti, del proprio territorio, della malattia, del rischio e della sicurezza; i meccanismi di mutamento sociale intervenuti in rapporto alle istituzioni politiche e sanitarie ai vari livelli. La chiave di lettura applicata è quella afferente all'antropologia del rischio e dei disastri e secondariamente all'antropologia del paesaggio. L'obiettivo dell'elaborato è mettere in luce le dinamiche socio-culturali intervenute in un quadro di alterazione e rottura dell'equilibrio preesistente tra ambiente, società e comparto industriale-tecnologico locale su uno sfondo di comprovata vulnerabilità fisica.

PFAS, l'acqua nemica. Etnografia di un disastro tra percezioni, pratiche e vulnerabilità sociale nella "zona rossa" (Lonigo, Vicenza).

Bettoni, Lara
2018/2019

Abstract

È il 2013 quando il Veneto viene scosso dalla diffusione della notizia di una contaminazione delle acque da sostanze perfluoroalchiliche, i PFAS. Ma è solo nel 2017 che ha inizio una mobilitazione cittadina da parte di un gruppo di genitori di Lonigo (Vicenza). Le “Mamme NoPfas” riempiono il vuoto comunicativo tra ambientalisti ed opinione pubblica, ponendo al centro dell'attenzione la salute dei propri figli in primis, compromessa per i decenni a venire, e in secondo luogo la difesa, o meglio, il ripristino della salubrità del proprio territorio, auspicandovi un'inversione del paradigma dominante. Storicizzando le tappe chehanno determinato il grado di riscontrata vulnerabilità sociale, ho indagato le pratiche quotidiane e i loro mutamenti; le percezioni – di sé, degli agenti contaminanti, del proprio territorio, della malattia, del rischio e della sicurezza; i meccanismi di mutamento sociale intervenuti in rapporto alle istituzioni politiche e sanitarie ai vari livelli. La chiave di lettura applicata è quella afferente all'antropologia del rischio e dei disastri e secondariamente all'antropologia del paesaggio. L'obiettivo dell'elaborato è mettere in luce le dinamiche socio-culturali intervenute in un quadro di alterazione e rottura dell'equilibrio preesistente tra ambiente, società e comparto industriale-tecnologico locale su uno sfondo di comprovata vulnerabilità fisica.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14247/19765