La storia della famiglia Bergamo che si cerca di ricostruire in questa ricerca si presenta come una tipica storia italiana del periodo interbellico, quella dell’esilio forzato a cui moltissimi nuclei famigliari furono costretti in seguito all’inasprirsi della repressione perpetuata dal nascente regime fascista ai danni dell’opposizione antifascista. Repubblicano sociale, interventista, diciannovista e poi antifascista, accusato senza prove di fatto di essere il mandante morale dell’attentato Zamboni, Mario Bergamo decide di lasciare Bologna per il clima di tensione generatosi. Passata la Svizzera con Pietro Nenni, giunge a Parigi dove è raggiunto dalla moglie Linda Garatti e dai due figli, Giorgio Mario e Marilena. Anche dopo il 25 aprile, Mario Bergamo deciderà di rimanere nella capitale francese, critico della «Repubblica nata dalla Resistenza» che – a detta sua – nulla aveva appreso dal ventennio terminato. Non era stato così, invece, per la moglie e per i figli, tornati in Italia con lo scoppio della guerra, Giorgio Mario prendendone parte direttamente aderendo alla Repubblica Sociale dopo l’8 settembre. Analizzando l’esilio della famiglia, la teorizzazione politica di Mario Bergamo e il suo progressivo isolamento all’interno del fuoruscitismo, e il tentativo del figlio Giorgio Mario di riabilitare l’esperienza del padre e di fare i conti con la propria, risulta possibile aprire uno spazio di riflessione sulla complessa esperienza dell’esilio, sul rompersi e sul permanere di amicizie oltre e nonostante percorsi politici contrapposti, sul legame intergenerazionale famigliare, sulla varia e difficilmente categorizzabile nebulosa che si estende entro la dicotomica opposizione fascismo-antifascismo, sui modi e sui tempi di genesi di una memoria personale e famigliare.
Di padre in figlio. Esilio, politica e memoria della famiglia Bergamo attraverso il fascismo
De Polo, Ugo
2024/2025
Abstract
La storia della famiglia Bergamo che si cerca di ricostruire in questa ricerca si presenta come una tipica storia italiana del periodo interbellico, quella dell’esilio forzato a cui moltissimi nuclei famigliari furono costretti in seguito all’inasprirsi della repressione perpetuata dal nascente regime fascista ai danni dell’opposizione antifascista. Repubblicano sociale, interventista, diciannovista e poi antifascista, accusato senza prove di fatto di essere il mandante morale dell’attentato Zamboni, Mario Bergamo decide di lasciare Bologna per il clima di tensione generatosi. Passata la Svizzera con Pietro Nenni, giunge a Parigi dove è raggiunto dalla moglie Linda Garatti e dai due figli, Giorgio Mario e Marilena. Anche dopo il 25 aprile, Mario Bergamo deciderà di rimanere nella capitale francese, critico della «Repubblica nata dalla Resistenza» che – a detta sua – nulla aveva appreso dal ventennio terminato. Non era stato così, invece, per la moglie e per i figli, tornati in Italia con lo scoppio della guerra, Giorgio Mario prendendone parte direttamente aderendo alla Repubblica Sociale dopo l’8 settembre. Analizzando l’esilio della famiglia, la teorizzazione politica di Mario Bergamo e il suo progressivo isolamento all’interno del fuoruscitismo, e il tentativo del figlio Giorgio Mario di riabilitare l’esperienza del padre e di fare i conti con la propria, risulta possibile aprire uno spazio di riflessione sulla complessa esperienza dell’esilio, sul rompersi e sul permanere di amicizie oltre e nonostante percorsi politici contrapposti, sul legame intergenerazionale famigliare, sulla varia e difficilmente categorizzabile nebulosa che si estende entro la dicotomica opposizione fascismo-antifascismo, sui modi e sui tempi di genesi di una memoria personale e famigliare.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14247/17307