La tesi si riallaccia al precedente percorso formativo dello studente, laureato alla Università Ca’Foscari nella triennale LICEM e Magistrale in Antropologia Culturale. I temi trattati originano dalla sua storia personale: il candidato è nato in Libya da famiglia italiana emigrata da tre generazioni ed espulsa dal Paese nel 1970, per i fatti storici che determinarono la cacciata degli italiani. Attraverso interviste, l’autore ricostruisce la memoria degli italiani che, accusati di colonialismo, dovettero lasciare attività economiche, proprietà e beni, abbandonare le case e rientrare in Italia, tra innumerevoli disagi ed umiliazioni. I fatti, sommariamente conosciuti in Italia, suscitarono più stupore che sdegno. Il candidato descrive i problemi dei profughi nell’integrazione, l’ostilità di chi li tacciava d’essere un’emanazione del fascismo, contestava i provvedimenti che il governo aveva predisposto per favorirne l’inserimento: i punteggi nelle graduatorie dei concorsi, nell’assegnazione di case popolari e lamentava che tali misure erano responsabili dell’aumento delle accise sulla benzina. I sentimenti e le emozioni dei racconti descrivono la complessità che si determinò e i modi con cui reagirono al conflitto emozionale, economico e culturale. Il titolo dello studio è scaturito dalle parole degli intervistati che , smarriti e confusi si domandavano quale e dove fosse la loro patria. Attraverso le parole dei ricordi e le loro narrazioni la ritrovano.
Una patria di parole : storia orale degli italiani profughi dalla Libia
Infantolino, Domenico
2019/2020
Abstract
La tesi si riallaccia al precedente percorso formativo dello studente, laureato alla Università Ca’Foscari nella triennale LICEM e Magistrale in Antropologia Culturale. I temi trattati originano dalla sua storia personale: il candidato è nato in Libya da famiglia italiana emigrata da tre generazioni ed espulsa dal Paese nel 1970, per i fatti storici che determinarono la cacciata degli italiani. Attraverso interviste, l’autore ricostruisce la memoria degli italiani che, accusati di colonialismo, dovettero lasciare attività economiche, proprietà e beni, abbandonare le case e rientrare in Italia, tra innumerevoli disagi ed umiliazioni. I fatti, sommariamente conosciuti in Italia, suscitarono più stupore che sdegno. Il candidato descrive i problemi dei profughi nell’integrazione, l’ostilità di chi li tacciava d’essere un’emanazione del fascismo, contestava i provvedimenti che il governo aveva predisposto per favorirne l’inserimento: i punteggi nelle graduatorie dei concorsi, nell’assegnazione di case popolari e lamentava che tali misure erano responsabili dell’aumento delle accise sulla benzina. I sentimenti e le emozioni dei racconti descrivono la complessità che si determinò e i modi con cui reagirono al conflitto emozionale, economico e culturale. Il titolo dello studio è scaturito dalle parole degli intervistati che , smarriti e confusi si domandavano quale e dove fosse la loro patria. Attraverso le parole dei ricordi e le loro narrazioni la ritrovano.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14247/16040