Partendo da una riflessione attorno al tema della fototerapia nella fotografia contemporanea, con un focus particolare sulla fotografia performativa, l’elaborato esplora e mette a confronto alcuni casi studio di artiste internazionali che dialogano con il proprio corpo malato e la sua rappresentazione attraverso il mezzo fotografico. Dopo un excursus sull’approccio foto-terapeutico nell’ambito delle pratiche artistiche, la tesi prende in esame e mette a confronto i lavori di Jo Spence (1934-1992) e Hannah Wilke (1940-1993), incentrati sul proprio corpo destabilizzato dal cancro. Al centro dell’analisi: la relazione tra identità e rappresentazione fotografica, l’unione tra vita personale e produzione artistica e, soprattutto, la necessità di cambiare atteggiamento nei confronti della malattia. Quest’ultima questione è affrontata considerando le riflessioni che Susan Sontag sviluppa in due suoi celebri saggi, Malattia come metafora (1977) e L’Aids come metafora (1988), e si sofferma, infine, sulla sottorappresentazione delle artiste donne durante gli anni della diffusione dell’HIV nel mondo dell’arte e nella contemporaneità. Segue un approfondimento sul lavoro di Kia LaBeija (1990-), artista multidisciplinare, di una generazione più giovane rispetto a Wilke e Spence, affetta da HIV dalla nascita. Attraverso i suoi autoritratti fotografici, LaBeija racconta e testimonia il suo rapporto con la malattia, combattendo la stigmatizzazione del corpo femminile.

Fotografia performativa e fototerapia, un antidoto al corpo femminile stigmatizzato: Jo Spence, Hannah Wilke, Kia LaBeija

Sattin, Sofia
2023/2024

Abstract

Partendo da una riflessione attorno al tema della fototerapia nella fotografia contemporanea, con un focus particolare sulla fotografia performativa, l’elaborato esplora e mette a confronto alcuni casi studio di artiste internazionali che dialogano con il proprio corpo malato e la sua rappresentazione attraverso il mezzo fotografico. Dopo un excursus sull’approccio foto-terapeutico nell’ambito delle pratiche artistiche, la tesi prende in esame e mette a confronto i lavori di Jo Spence (1934-1992) e Hannah Wilke (1940-1993), incentrati sul proprio corpo destabilizzato dal cancro. Al centro dell’analisi: la relazione tra identità e rappresentazione fotografica, l’unione tra vita personale e produzione artistica e, soprattutto, la necessità di cambiare atteggiamento nei confronti della malattia. Quest’ultima questione è affrontata considerando le riflessioni che Susan Sontag sviluppa in due suoi celebri saggi, Malattia come metafora (1977) e L’Aids come metafora (1988), e si sofferma, infine, sulla sottorappresentazione delle artiste donne durante gli anni della diffusione dell’HIV nel mondo dell’arte e nella contemporaneità. Segue un approfondimento sul lavoro di Kia LaBeija (1990-), artista multidisciplinare, di una generazione più giovane rispetto a Wilke e Spence, affetta da HIV dalla nascita. Attraverso i suoi autoritratti fotografici, LaBeija racconta e testimonia il suo rapporto con la malattia, combattendo la stigmatizzazione del corpo femminile.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14247/15249