Uno dei focus della ricerca di linguistica clinica delle decadi più recenti è la distinzione tra Disturbi Specifici del Linguaggio (DSL) e Dislessia Evolutiva (DE). Entrambe le neurovarietà sono classificate come Disturbi del Neurosviluppo (DSM-5ᵀᴹ, ICD-10); i DSL coinvolgono il linguaggio orale e comunicativo, la DE il linguaggio scritto e dell’apprendimento. La parvenza di una distinzione ben definita di questi profili linguistici è dibattuta (Bishop & Snowling, 2004; Catts et al., 2005; McArthur et al., 2000; Talli et al., 2015). Molti studi hanno portato alla luce difficoltà del linguaggio orale anche in soggetti con diagnosi di Dislessia Evolutiva (Cardinaletti & Volpato, 2015; Guasti, 2013; Pivi & Del Puppo, 2015; Robertson & Joanisse, 2009; Zachou et al., 2012). I test standardizzati proposti nella pratica clinica spesso possono risultare troppo generici per valutare competenze linguistiche specifiche. Questo quadro teorico è da sfondo alla mia raccolta dati per la quale ho selezionato cinquanta cartelle cliniche di soggetti con diagnosi di Dislessia Evolutiva (F81.0) presso il Centro Medico di Foniatria di Padova. Tutti i soggetti dovevano essere stati valutati tre volte, in modo da avere dati degli stessi test tre volte cadauno. I test scelti valutavano competenza morfosintattica (TROG 2, TROG e TCGB), competenza lessicale (PPVT) e pianificazione lessicale (BNT), memoria a breve termine con accesso semantico (ripetizione di parole, PROMEA), con parziale accesso semantico (ripetizione di numeri, WISC III e IV) e con nessun accesso semantico in modo da valutare anche la pianificazione fonetico-fonologica (ripetizione di non parole, PROMEA). L’obiettivo della mia ricerca è un’analisi linguistica raffinata della competenza morfosintattica dei bambini con DE (TROG 2, TROG e TCGB). La presenza di costruzioni sintattiche deficitarie in tutte e tre le valutazioni possono indicare un fattore linguistico predittivo di un’atipia del linguaggio orale. Questi risultati sono integrati anche con considerazioni linguistiche sulla tipologia di errori commessi nelle costruzioni comprese in modo erroneo. Numerosi studi (Bishop & Snowling, 2004; Botting, Simkin & Conti-Ramsden, 2006; Robertson & Joanisse, 2009) hanno infatti constatato una compromissione nel processamento sintattico in bambini con una disabilità della lettura (DE). L’ipotesi più accreditata per le labilità nella lettura dei soggetti con DE riguarda la memoria di lavoro (MdL). Una capacità limitata del carico della memoria fonologica a breve termine (MFBT) inficia l’elaborazione e l’immagazzinamento di informazioni di natura uditiva-verbale; un buon marcatore clinico di questa debolezza è il test di ripetizione di non parole. La conseguenza di questo malfunzionamento è un vocabolario ridotto a causa di difficoltà nell’acquisizione di nuove etichette lessicali (Dispaldro, 2014; Gathercole & Baddeley, 1990; Gathercole et al., 1992). A seguito di questo approccio teorico, i dati ottenuti dal linguaggio recettivo sono stati correlati con i percentili di tutti gli altri test per verificare l’eventuale presenza di una relazione tra le variabili.
Analisi linguistica della competenza morfosintattica in soggetti con Dislessia Evolutiva
Stocco, Gloria
2017/2018
Abstract
Uno dei focus della ricerca di linguistica clinica delle decadi più recenti è la distinzione tra Disturbi Specifici del Linguaggio (DSL) e Dislessia Evolutiva (DE). Entrambe le neurovarietà sono classificate come Disturbi del Neurosviluppo (DSM-5ᵀᴹ, ICD-10); i DSL coinvolgono il linguaggio orale e comunicativo, la DE il linguaggio scritto e dell’apprendimento. La parvenza di una distinzione ben definita di questi profili linguistici è dibattuta (Bishop & Snowling, 2004; Catts et al., 2005; McArthur et al., 2000; Talli et al., 2015). Molti studi hanno portato alla luce difficoltà del linguaggio orale anche in soggetti con diagnosi di Dislessia Evolutiva (Cardinaletti & Volpato, 2015; Guasti, 2013; Pivi & Del Puppo, 2015; Robertson & Joanisse, 2009; Zachou et al., 2012). I test standardizzati proposti nella pratica clinica spesso possono risultare troppo generici per valutare competenze linguistiche specifiche. Questo quadro teorico è da sfondo alla mia raccolta dati per la quale ho selezionato cinquanta cartelle cliniche di soggetti con diagnosi di Dislessia Evolutiva (F81.0) presso il Centro Medico di Foniatria di Padova. Tutti i soggetti dovevano essere stati valutati tre volte, in modo da avere dati degli stessi test tre volte cadauno. I test scelti valutavano competenza morfosintattica (TROG 2, TROG e TCGB), competenza lessicale (PPVT) e pianificazione lessicale (BNT), memoria a breve termine con accesso semantico (ripetizione di parole, PROMEA), con parziale accesso semantico (ripetizione di numeri, WISC III e IV) e con nessun accesso semantico in modo da valutare anche la pianificazione fonetico-fonologica (ripetizione di non parole, PROMEA). L’obiettivo della mia ricerca è un’analisi linguistica raffinata della competenza morfosintattica dei bambini con DE (TROG 2, TROG e TCGB). La presenza di costruzioni sintattiche deficitarie in tutte e tre le valutazioni possono indicare un fattore linguistico predittivo di un’atipia del linguaggio orale. Questi risultati sono integrati anche con considerazioni linguistiche sulla tipologia di errori commessi nelle costruzioni comprese in modo erroneo. Numerosi studi (Bishop & Snowling, 2004; Botting, Simkin & Conti-Ramsden, 2006; Robertson & Joanisse, 2009) hanno infatti constatato una compromissione nel processamento sintattico in bambini con una disabilità della lettura (DE). L’ipotesi più accreditata per le labilità nella lettura dei soggetti con DE riguarda la memoria di lavoro (MdL). Una capacità limitata del carico della memoria fonologica a breve termine (MFBT) inficia l’elaborazione e l’immagazzinamento di informazioni di natura uditiva-verbale; un buon marcatore clinico di questa debolezza è il test di ripetizione di non parole. La conseguenza di questo malfunzionamento è un vocabolario ridotto a causa di difficoltà nell’acquisizione di nuove etichette lessicali (Dispaldro, 2014; Gathercole & Baddeley, 1990; Gathercole et al., 1992). A seguito di questo approccio teorico, i dati ottenuti dal linguaggio recettivo sono stati correlati con i percentili di tutti gli altri test per verificare l’eventuale presenza di una relazione tra le variabili.File | Dimensione | Formato | |
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