Partendo dall’analisi della persona e della presa in carico nella sua complessità, si vuole trovare nuove forme di progettazione e programmazione condivisa, che partano dai servizi e dagli operatori del sociale, per arrivare ad una presa di consapevolezza da parte del singolo e della comunità. Questo in un’ottica di responsabilizzare le persone, creare in esse un senso di partecipazione attiva e coinvolgendole, facendo leva sui punti di forza e trasformando le criticità in nuove opportunità. L’assistente sociale deve saper valorizzare ciò che ha a disposizione, attivando ed essere promotore della rete e delle risorse presenti nel territorio, per una presa in carico che non sia di dipendenza ma che accresca l’autonomia individuale e locale. Prendendo in considerazioni il Trevigiano, e i progetti nati dalla volontà individuale e collettiva di attivarsi per far fronte a situazioni di disagio sociale e difficoltà economica, da una parte ci sono progetti istituzionalizzati, per esempio il progetto “PIAF, famiglie in rete”, nella quale delle famiglie danno disponibilità ad affiancare altre famiglie con problematicità legate alla gestione della quotidianità o alla dimensione educativa. Il tutto regolato da programmi fatti dagli attori coinvolti e con la partecipazione e supervisione di assistenti sociali comunali ed educatori. D’altra parte ci sono forme di progettazione che partono direttamente da gruppi di persone che, autogestendosi e organizzandosi, si presentano come soggetti non istituzionalizzati. Un esempio è il CSO Django, nato dall’occupazione di un ex edificio comunale in disuso per dare vita ad una comunità aperta e solidale. Molti sono le persone, volontari, e associazioni coinvolte nella gestione di questo spazio per creare attività politico-sociali e ricreative. Tutto questo in autonomia e autogestione, nato dalla volontà di riqualificare una zona in stato di abbandono.
L’assistente sociale, la comunità e la persona: responsabilità e progettazione.
Frassetto, Edoardo
2020/2021
Abstract
Partendo dall’analisi della persona e della presa in carico nella sua complessità, si vuole trovare nuove forme di progettazione e programmazione condivisa, che partano dai servizi e dagli operatori del sociale, per arrivare ad una presa di consapevolezza da parte del singolo e della comunità. Questo in un’ottica di responsabilizzare le persone, creare in esse un senso di partecipazione attiva e coinvolgendole, facendo leva sui punti di forza e trasformando le criticità in nuove opportunità. L’assistente sociale deve saper valorizzare ciò che ha a disposizione, attivando ed essere promotore della rete e delle risorse presenti nel territorio, per una presa in carico che non sia di dipendenza ma che accresca l’autonomia individuale e locale. Prendendo in considerazioni il Trevigiano, e i progetti nati dalla volontà individuale e collettiva di attivarsi per far fronte a situazioni di disagio sociale e difficoltà economica, da una parte ci sono progetti istituzionalizzati, per esempio il progetto “PIAF, famiglie in rete”, nella quale delle famiglie danno disponibilità ad affiancare altre famiglie con problematicità legate alla gestione della quotidianità o alla dimensione educativa. Il tutto regolato da programmi fatti dagli attori coinvolti e con la partecipazione e supervisione di assistenti sociali comunali ed educatori. D’altra parte ci sono forme di progettazione che partono direttamente da gruppi di persone che, autogestendosi e organizzandosi, si presentano come soggetti non istituzionalizzati. Un esempio è il CSO Django, nato dall’occupazione di un ex edificio comunale in disuso per dare vita ad una comunità aperta e solidale. Molti sono le persone, volontari, e associazioni coinvolte nella gestione di questo spazio per creare attività politico-sociali e ricreative. Tutto questo in autonomia e autogestione, nato dalla volontà di riqualificare una zona in stato di abbandono.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14247/12341