L’avvento del web ha portato un’ondata di innovazione in diversi settori, compreso quello museale. Ma come ha contribuito e cosa sta cambiato? Nell’era del Web 2.0 la rete è diventata essenziale nella nostra quotidianità e anche i musei si sono dovuti aprire all’utilizzo di Internet e dei social network. Questo ha portato ad un repentino cambiamento nel modo di intendere i musei, di fruire i contenuti e di implementare la loro natura di contenitori culturali. Il principale cambiamento che ha portato il digitale all’interno dell’istituzione museale riguarda la relazione con il potenziale fruitore, le istituzioni culturali non si limitano più a seguire un modello univoco di comunicazione e valorizzazione del patrimonio ma si spingono verso un rapporto bilaterale di scambi. Nell’era 2.0, infatti, diventa essenziale il comportamento dell’utente che da ricettore passivo diventa parte fondamentale del processo di produzione di informazioni. Questa nuova relazione ridisegna il rapporto con le istituzioni culturali che si avvicinano verso un nuovo modello, quello partecipativo, in cui il fruitore culturale può interagire con i contenuti digitali, trasformando il museo in una piattaforma con cui relazionarsi attivamente nella creazioni di significati collettivi. Ma come hanno reagito i musei italiani a tutto questo? Nonostante si stiano inevitabilmente avvicinando ad un diverso tipo di partecipazione, le statistiche evidenziano ancora un limitato coinvolgimento dell’utente e una comunicazione ancorata al tipo top-down. Ciò però non ha frenato la nascita di nuovi progetti, un esempio di museo partecipativo tutto italiano, anzi dolomitico, è Dolom.it, museo piattaforma nato da un’esperienza didattica, che co-crea i propri contenuti assieme agli studenti e alle comunità. Il suo obbiettivo è cambiare il processo con il quale il patrimonio viene raccontato attraverso lo sharing e il coinvolgimento attivo degli utenti. Tramite una serie di interviste coi fondatori e un’analisi swot, si sono cercati di analizzare i principi ispiratori e i punti di forza e debolezza di questo tipo di museo, che costituisce ancora un unicum in Italia. Grazie al web e alle piattaforme sociali l’informazione culturale autoritaria, di tipo top-down, si sta trasformando in comunicazione dialogica partecipata di tipo bottom-up. Nasce così il museo 2.0, incentrato su nuove forme di socializzazione e interazione con l’utenza, favorite dalle nuove piattaforme digitali del web, e dall’idea che l’apprendimento non si acquisti esclusivamente dalla visita, ma anche per mezzo dell’impegno e della partecipazione attiva.

Il web e la cultura partecipativa: come stanno cambiando i musei

Basso, Francesca
2020/2021

Abstract

L’avvento del web ha portato un’ondata di innovazione in diversi settori, compreso quello museale. Ma come ha contribuito e cosa sta cambiato? Nell’era del Web 2.0 la rete è diventata essenziale nella nostra quotidianità e anche i musei si sono dovuti aprire all’utilizzo di Internet e dei social network. Questo ha portato ad un repentino cambiamento nel modo di intendere i musei, di fruire i contenuti e di implementare la loro natura di contenitori culturali. Il principale cambiamento che ha portato il digitale all’interno dell’istituzione museale riguarda la relazione con il potenziale fruitore, le istituzioni culturali non si limitano più a seguire un modello univoco di comunicazione e valorizzazione del patrimonio ma si spingono verso un rapporto bilaterale di scambi. Nell’era 2.0, infatti, diventa essenziale il comportamento dell’utente che da ricettore passivo diventa parte fondamentale del processo di produzione di informazioni. Questa nuova relazione ridisegna il rapporto con le istituzioni culturali che si avvicinano verso un nuovo modello, quello partecipativo, in cui il fruitore culturale può interagire con i contenuti digitali, trasformando il museo in una piattaforma con cui relazionarsi attivamente nella creazioni di significati collettivi. Ma come hanno reagito i musei italiani a tutto questo? Nonostante si stiano inevitabilmente avvicinando ad un diverso tipo di partecipazione, le statistiche evidenziano ancora un limitato coinvolgimento dell’utente e una comunicazione ancorata al tipo top-down. Ciò però non ha frenato la nascita di nuovi progetti, un esempio di museo partecipativo tutto italiano, anzi dolomitico, è Dolom.it, museo piattaforma nato da un’esperienza didattica, che co-crea i propri contenuti assieme agli studenti e alle comunità. Il suo obbiettivo è cambiare il processo con il quale il patrimonio viene raccontato attraverso lo sharing e il coinvolgimento attivo degli utenti. Tramite una serie di interviste coi fondatori e un’analisi swot, si sono cercati di analizzare i principi ispiratori e i punti di forza e debolezza di questo tipo di museo, che costituisce ancora un unicum in Italia. Grazie al web e alle piattaforme sociali l’informazione culturale autoritaria, di tipo top-down, si sta trasformando in comunicazione dialogica partecipata di tipo bottom-up. Nasce così il museo 2.0, incentrato su nuove forme di socializzazione e interazione con l’utenza, favorite dalle nuove piattaforme digitali del web, e dall’idea che l’apprendimento non si acquisti esclusivamente dalla visita, ma anche per mezzo dell’impegno e della partecipazione attiva.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14247/11564